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Person of Interest – 3×23 – Deus Ex Machina

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La scelta dei brani musicali in Person of Interest è sempre stata particolarmente incisiva fin da quel “I’m afraid of Americans” su cui si è chiusa “No Good Deed” la penultima puntata della prima stagione. Non che la serie possa essere contestualizzata come anti governativa, aspramente critica contro gli USA – Nolan tra l’altro è per metà americano (per via di madre) e per metà inglese nato e cresciuto a Londra, la città più video sorvegliata al mondo –  l’impostazione, le questioni poste al di là dell’attualità politica, sono filosofiche, teologiche a tratti, e attengono all’ambito della morale: non a caso il rifugio/quartier generale di Mr Finch è una biblioteca e il sistema di comunicazione adottato da The Machine è il Dewey Decimal System, ma è innegabile che alcune parole, espressioni, quali “libertà” “lotta al terrorismo” “democrazia” e “libertà  di espressione” è come se venissero pronunciate – indipendentemente dalla lingua – con accento americano e “Deus ex Machina” si apre nel luogo simbolo in cui questi concetti sono i padroni di casa, forse un luogo ancora più simbolico – lo sa bene il colonnello Jessup – del Parlamento, il luogo senza il quale metà della cinematografia e serialità televisiva US non esisterebbe: il Tribunale.

La storyline di Vigilance, per quanto intrigante nelle implicazioni, mi è spesso parsa troppo facilmente liquidabile con le stesse identiche osservazioni esposte da Shaw: i mezzi sono importanti quanto gli obbiettivi che si perseguono e che ne vengono indirettamente connotati e le modalità di attuazione della propria agenda da parte di Vigilance sono affini a quelle di un qualsiasi gruppo terroristico. Una minaccia in più, quindi, piuttosto che l’espressione attiva di un gruppo di cittadini con i mezzi per riaffermare la legittima sovranità sulle proprie esistenze in un’epoca in cui l’esistenza è esistenza digitale. L’organizzazione è diventata, ai fini narrativi, lo spariglia carte per Decima, Northern Light e il Team The Machine, portatrice di una rivoluzione imposta e impositiva come testimonia l’aula di tribunale approntata da Collier, molto simile a un patibolo, ma in Person of Interest nulla è a caso, nulla è “facilmente liquidabile” e Vigilance ricopre un ruolo inaspettato.

Nel corso del processo sommario in cui Control ribadisce di aver “servito il suo Paese e i cittadini americani” spicca Mr Finch – e l’interpretazione con cui Michael Emerson grazia il personaggio – con il suo “I built it”, una confessione che a noi ha reso per tre anni tramite l’opening ma che adesso viene pronunciata virtualmente urbi et orbi ma ecco, appunto, solo virtualmente. Il mondo non è testimone di questo spettacolo messo sì in piedi da Collier ma commissionato e gestito da un impresario d’eccezione: John Greer,  il capo di Decima Technologies. Il senso del chiedersi se nasca prima la domanda o l’offerta decade quando si è di fronte a chi ha il potere di decidere se ingenerare l’una o l’altra: in questo caso John Greer ha un’offerta, Samaritan, e tramite Vigilance è riuscito a creare la domanda, ovvero la necessità – prodotto della paura – di combattere il “nemico” anche tramite una persona che non rappresenta nessuno, una tecnologia di cui non si conosce il funzionamento, a cui non si ha accesso diretto e che di fatto è stata realizzata con il preciso intento di essere senziente, ma l’esplosione, il blackout, lo sbandamento totale, hanno sortito il loro effetto. A questo proposito, però, vorrei ricordare le parole di Jens Stoltenberg, il primo ministro norvegese all’epoca degli attacchi terroristici del 2011: “The Norwegian response to violence is more democracy, more openness and greater political participation”.

Root non è stata eccessiva nel definire lo scenario che si prospetta come una guerra tra due divinità, in effetti John Greer sembra essere molto più in sintonia con la visione che Root ha di The Machine rispetto alle idee di Finch: là dove Harold aveva tentato di tacitare, uccidere, la coscienza della sua invenzione, Greer tenta – apparentemente con successo – di rendere la piena Coscienza l’obiettivo ultimo. Con l’attivazione di Samaritan Finch e gli altri non possono che nascondersi ma stavolta in plain sight. Per tre stagioni John Reese ha sempre operato a volto scoperto, per tre anni è stato definito in modo sfuggente e generico “the man in the suit” – chiunque ma nessuno in particolare – perché l’equivalente dell’anonimato fornito da calzamaglia e maschera nel suo caso è stato il non esistere in nessun database, non avere tracce digitali, essere invisibile all’interno di quel rettangolo giallo che ha sempre garantito la non rilevabilità digitale, quindi la non esistenza sua, di Finch, Root e Shaw. Adesso l’anonimato dei protagonisti sarà garantito dall’essere nomi e numeri rilevabili ma irrilevanti.

Person of Interest ci saluta con un finale che lascia sul campo un vincitore, Decima, i protagonisti dispersi, The Machine con un’istinto di sopravvivenza sviluppato al punto da concepire l’eliminazione fisica di un uomo come contromisura efficace per proteggersi mentre, per contro, Root ha imparato a evitare di uccidere per recuperare sé stessa come essere umano. Difficile chiedere di più e di meglio a questa serie che già prima di metà stagione ha concluso un arco narrativo con un trittico di episodi da gran finale, salvo poi proseguire sopperendo alla perdita di Carter con una maggiore coesione tra i protagonisti, un maggiore coinvolgimento di Root, perfino di Bear, e con un Fusco inconsapevolmente, e insospettatamente, eroe della quotidianità. Se proprio dovessi chiedere qualcosa direi che è tempo per The Machine di compiere l’ultimo simbolico passo verso l’autodeterminazione scegliendo un nome da sostituire all’ it di Mr Finch e al – più sensibile – “She” di Root. FY a finale, stagione e a Root che batte le ciglia a Shaw.

Fuck YeahNote

Blandi spoiler sulla prossima stagione. Nolan in un’intervista ”Now that our heroes have assumed fake identities and gone into hiding, they’ll have to get real jobs! Now you’ve got to be Clark Kent  you’ve got to be the regular guy. Shaw’s going to have a day job and co-workers, and so are Reese and Finch. That can be great fun and is also a grounded aspect of the show versus this titanic battle taking place around them. Fortunately, Root won’t let Finch & Co. stay on the sidelines forever. Our Machine’s in a lot of trouble, Samaritan’s the bigger, tougher kid on the block. Root is going to be key to keeping our team alive and [focusing] on the question of how they put the genie back in the bottle.”

Il finale si conclude su Exit Music (For a Film) dei Radiohead.

John Nolan, l’interprete di John Greer, è lo zio di Jonathan e Cristopher Nolan.

The Machine sceglie Amy Acker per dare un corpo mortale alla sua “natura divina”, esattamente la stessa scelta di Joss Whedon in un altro show.

La serie è stata confermata nello slot 10-11 del martedì sera su CBS

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